Ultimo giorno in Miniera a Massa Marittima
Questo scatto racconta l’ultimo giorno di lavoro in una miniera di Massa Marittima. CONTINUA…
Questo scatto racconta l’ultimo giorno di lavoro in una miniera di Massa Marittima. CONTINUA…
Le vie cave di Sovana, tratti di strade etrusche che passano letteralmente dentro al tufo, sono tra i luoghi più affascinanti della Maremma. Canaloni alti anche 20 metri scavati nella morbida roccia vulcanica sull’antico percorso della via Clodia, collegavano Saturnia e Pitigliano al Monte Amiata sul medesimo percorso che poi sarebbe diventato in tempi più recenti la via Francigena.
Nella pausa pranzo di un caldo pomeriggio faccio compagnia ai balestrieri di Città vecchia, rione contrada di Massa Marittima. Un’atmosfera diversa dalla gara del balestro che si tiene sulla piazza del paese la quarta Domenica di Maggio e la seconda di Agosto. Quasi sorprende che qui, giovani e vecchi si ritrovano per gli allenamenti che durano tutto l’anno, si concentrano nelle stagioni calde delle gare e si ritrovano qui come succederebbe in un qualsiasi circolo sportivo.
La loro federazione forse si è sciolta secoli fa, quando ancora le frecce della balestra erano scoccate sui corpi dei nemici, ma il balestriere si allena adesso come si allenerebbe un arciere o uno sportivo di una qualsiasi disciplina olimpionica. Tantopiù che a Massa Marittima ci credono come credono i Senesi nel palio, ed ogni ragazzo del paese può ambire, crescendo, ad accedere a questi circoli per diventare balestriere.
I partecipanti al torneo del Girifalco, sono coloro che durante l’anno arrivano in fondo alla lunga serie di tornei ed eliminatorie. Sulla bacheca al fianco della tettoia che offre l’ombra alle postazioni di tiro, gli aderenti scrivono a penna il loro nome per la prossima competizione. Chi arriva al torneo in pratica ha già vinto. E sfida la confusione della piazza e le proprie abitudini di tiro mettendo in gioco le mire acquisite durante gli ultimi mesi.
Ben diversa infatti è l’atmosfera nei campi di addestramento, verdi, silenziosi, all’ombra delle querce. Molti minuti seduti sullo sgabello della balestra per scoccare una sola freccia, che rompe il silenzio con uno schioppo e un eco. Poi il balestriere si alza e va in fondo al campo a riprenderla, estraendola con le pinze dal compensato e tappando il foro con un legnetto che viene addirittura ridipinto per non diminuire la visibilità a distanza. Dopo ogni freccia ci si riposa.
Situazione di scatto interessante perché ritrae i balestrieri durante l’esercitazione del loro sport e non durante il corteo in costume.
In un pomeriggio finalmente pieno di sole e con il primo verde intenso della nuova primavera, sono passato da Ribolla. Poco oltre, dopo mesi di lavori, ho scoperto la rocca di Montemassi liberata dalle impalcature e restaurata. Dopo che a inizio del 2009 si evidenziavano rischi di crollo. Parte di una proprietà privata, il castello è stato acquistato dal comune e messo in sicurezza, pensate che i lotti di terreno delle due torri appartenenti a due diversi proprietari, sono stati acquistati rispettivamente nel 2000 al prezzo di 8 milioni di lire e poco dopo l’altro per 25 mila euro. Incredibile. Anni fa in quell’area ho rinvenuto personalmente un’accetta in pietra con segni per i legacci e una moneta con il lato crociato. E’ un luogo meraviglioso.
Ho riportato a casa oggi pomeriggio questi scatti della rocca in tutto il suo nuovo splendore. Noto che anche gli antichi lavatoi sono stati restaurati e rimessi a nuovo, forse in via di trasformazione in una elegante abitazione.
Sto progettando una grossa novità sul sito, tenetevi connessi…
Pomeriggio a Shangai. Il quartiere mezzogiorno della Maremma, il lato triste di marina o il lato povero che ritrova la sua ricchezza in ciò che non ha già esaurito.
Ho trascorso il gelido pomeriggio di ieri tra la spiaggia e le vie che si confondono ancora senza marciapiedi sotto la pineta. Il quartiere di Shangai da sempre così soprannominato per le baracche e per i colori sgargianti di un’ area che sembrava avere poco a che fare con quella borghese dell’oltre canale, è nato negli anni ’50 ospitando le case dei pescatori. Perchè il ponte ha sempre fatto da confine tra i villeggianti e i pescatori. E le sponde si sono sempre divise l’utilizzo tra le imbarcazioni piccole e sudice e il luna park, anch’esso polveroso come un villaggio del west.
Sembra il fondale per il presepe, con il paese di Montegiovi. Due scatti ripresi tornando dalla strada per l’Amiata, dove ho trascorso il Natale in famiglia. Dopo una settimana intera di pioggia, il ritorno del tramonto è stato particolarmente giallo. Il paese più lontano è Castel del Piano. Sul secondo scatto, il sole basso proietta la sagoma del Montelabro sulle pendici dell’antico vulcano Amiata. Due panorami che considero natalizi per il loro contenuto paesaggisitico minuto e dettagliato. Buon Natale a tutti.
La spiaggia non è mai così bella come nelle belle giornate fuori stagione di un inverno caldo. Con la battigia lunga non filtrata dai trattori, piena di legni lucidi e conchiglie, suona con le onde. I grossi legni che arrivano dal mare si incastrano in capanne, tante, tutte diverse sempre più fitte sono le cabine e i rifugi d’inverno, con i teli appesi, gli zaini e le borracce. Vicino alle dune è pieno dei resti dei focolai delle ultime notti tiepide e si può fare tutto, perché la spiaggia è libera tutta, dalle rocchette fino alla foce. I parcheggi sono vuoti e non ci sono reti nè recinsioni. I divieti sui cartelli sono sdraiati dalle mareggiate e gli ombrelloni sono sparsi, colorati, tutti diversi, senza file e senza sdraie. C’è tanta gente, diversa e interessante, in costume o col maglione, e sono olandesi, romani, scansanesi, musulmani. Al bar si mangia il gelato o le lasagne, pure la bruschetta. E si gioca a tutto, anche coi cani, si può pescare dalla riva e fare i tuffi, fare vela, senza funi, boe e bagnini e col mare mosso. Sulle mattonelle sparse dei vialetti sono sdraiate le biciciclette e passano deltaplani, aerei e aquiloni.
Nella foto, tre domeniche scorse a principina, un bambino con l’acquilone davanti alle capanne verso la foce dell’ombrone.
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Tra l’Adige ed oltre il po’ nel mio tragitto di un recente viaggio ho rivisto i numerosi nuclei agricoli abbandonati sulla pianura padana. Alcuni davvero sorprendenti per architetture e dimensioni. Nel passato rappresentavano la vita contadina per un numero molto più elevato di popolazione, impegnata al lavoro nei campi. Dei veri e propri condomini agricoli, talvolta dipinti di rosso, su più piani, con enormi granai appoggiati su un lato e forati da pareti di mattoni impilati ad alternanza. Le campagne si sono poi disabitate per la meccanizzazione del lavoro agricolo, fondendo le proprietà e lasciando desolate queste antiche aie, nuclei di vita rurale.
Cosa analoga è accaduta in Maremma, CONTINUA…