Le vie cave di Sovana, tratti di strade etrusche che passano letteralmente dentro al tufo, sono tra i luoghi più affascinanti della Maremma. Canaloni alti anche 20 metri scavati nella morbida roccia vulcanica sull’antico percorso della via Clodia, collegavano Saturnia e Pitigliano al Monte Amiata sul medesimo percorso che poi sarebbe diventato in tempi più recenti la via Francigena.
Nelle alte pareti rocciose dove si vedono ancora impresse le tracce degli strumenti che le hanno scavate, si trovano innumerevoli nicchie votive che nel tempo hanno conservato dei e talsimani a protezione dei viandanti. Attraversare questi passaggi bui immersi nel bosco fa intuire quanto timore e quali sensazioni magiche potevano ispirare questi luoghi a chi doveva attraversarli in epoche antiche. Ecco perché tanto spazio era dedicato lungo il percorso alle divintà in grado di proteggere i viaggiatori, in un bosco che poteva essere invaso da creature oscure provenienti dalle viscere della terra. Ed è forse per tenere lontani i pericoli dell’oscurità che gli etruschi avevano scolpito in uno di questi canaloni un simbolo diventato oscuro solo in tempi recenti, ed invece legato per essi al culto del sole: la svastica.
Dal profumo di muschio, foglie e rocce bagnate uno dei canaloni vi porta improvvisamente nel bel mezzo di una vigna di uva fragola da dove si ammira il duomo di Sovana: è questo lo stesso panorama di chi si allontanava da Sovana secoli fa.
Questi sono tre scatti che ho riportato indietro, aggiunti alla galleria di Maremma