La notte prima di ferragosto ho trascorso 3 ore seduto nel buio, nel mezzo di un viale di cipressi. Tra le chiome, la luce di due antichi lampioni alle mie spalle tagliavano lembi di un’oscurità ancora più densa, come le quinte di un teatro spento illuminate da una lantenra.
Al di fuori dalla cortina ovattata che divide la collina, i boati incessanti di un temporale pronto ad esplodere, una rete di bagliori coperta da un turbine di nuvole. Proprio oggi la colonna a forma di fungo di un cumulonembo annunciava questa bellissima nottata estiva di tempesta. Una burrasca di luce dall’aria fresca e secca senza voglia di precipitare.
Mi sono appostato con la macchina fotografica in posa B aspettando il passaggio del fulmine, come se fosse la caccia di una bestia selvatica. Come quelle che solitamente affollanno la notte dell’oliveto oltre le sponde, con grugniti, scalpitii e fruscii. Ogni tanto attraversano con un balzo queste quinte di verde scomparendo in un istante da un muro verde all’altro.
Tre ore di quiete e terrore aspettando il momento giusto. Ma posso stare tranquillo nel mezzo dell’oscurità : il fragore crepitante mi protegge e zittisce tutte le altre creature. La tempesta di fulmini viene allo scoperto, la brezza fresca mi accarezza, le cime verde scuro oscillano sul cielo intermittente. Solo i cipressi e la collina di fronte mi separano dal crepitio, che aumenta di intensità .
La nube instabile si sposta. E improvvisamente il fulmine giusto divide il cielo oltre la collina, convergendo sulla prospettiva appena un attimo dopo la vibrazione di apertura dell’otturatore. Per un istante si vedono le sagome delle sughere sul crinale sud che tante volte sono stato a fotografare.
Scatto aggiunto alla Galleria di Maremma