
La mostra “Ludus1“, nella Rocca Aldobrandesca di Piancastagnaio (6 dicembre 2024 – 30 aprile 2025), alle pendici del Monte Amiata, ricorda ai visitatori che il gioco è spesso il motore dell’arte. Se giocare è esplorare la realtà, la sperimentazione e avanguardia artistica ne sono sicuramente dirette discendenti. Si gioca con gli oggetti e con il contesto sovvertendone i valori d’uso e le percezioni.
Lo avevo avvisato il mio committente – l’amico Stefano Corti – artista che ha realizzato l’aereo di carta che colpisce la torre della rocca: tra le tante occasioni in cui ho deprecato l’uso del drone, questa si candidava ad essere un’eccezione.
Come ritrarre un soggetto a 25 metri di altezza senza far levare in aria uno di quei dannati apparecchi?
D’altronde – l’ho detto più volte – davvero mi piace tenere l’occhio dietro al mirino piuttosto che manipolare un joypad. Il fotografo deve sempre impugnare la macchina, se l’esperienza non è diretta e personale, non è più fotografia. Magari resta una cosa bella e porta dei risultati, ma è un altra cosa.
Sono stato ben contento quindi di aver riportato questi scatti, realizzati senza mai lasciare il corpo macchina, alzando il punto di vista a 25 metri di altezza e anche oltre, senza far uso di droni. Come?
In tre modi: arrampicandomi sulle torri, elevandomi sul cestello di una gru, facendo conoscenza col vicinato che mi ha aperto le vie ai tetti del paese.
Significa esplorare ogni gradino della rocca, cercando le vie che portano su su fino alla cima dove i merli di muratura sono sferzati dai venti. Nelle fortezze c’è sempre un pertugio che ti porta più in alto o ti fa affacciare dove non sembrava possibile. D’altronde erano progettati per tener d’occhio i panorami!
Significa elevarsi sul trabattello della manutenzione (grazie alla pazienza e alle attenzioni degli operatori) andando a cercare le altezze giuste; quelle dove la sagoma dell’aereo si staglia sul colore unito del cielo o sul bruno dei castagni, evitando le geometrie fastidiose dei quartieri industriali sulla pianura. Con le gambe che tremano per le altezze, il vento che fa traballare il lungo braccio cigolante, le dita delle mani che si intrecciano tenendo ben serrati gli obiettivi da cambiare, il moschettone della tracolla che tintinna sul parapetto che barcolla dietro di me.
Significa entrare nelle botteghe, rompere il ghiaccio con la gelida prima mattina delle aperture; e socializzare con il vicinato, i ricordi, i racconti, i passaparola <<Si la signora Valeria stava all’ultimo, dove c’è il pianerottolo con la porticina!>>. Sperare che la più alta delle serrature, quella che di solito vede i panni stesi e le vecchie sedie impilate, sia rimasta aperta (di solito lo è!). Stare al silenzio nelle trombe delle scale aspettando il momento giusto per intercettare gli inquilini, senza intimorirli, guadagnando in un istante la loro fiducia, improvvisando una battuta per rompere la normale diffidenza di uno sconosciuto alla porta che vuole entrarti in casa. Non è affatto scontato.
Ma si incontrano nuove persone che a volte dimostrano disponibilità inaspettata, si guadagnano prospettive inedite da fotografare, a volte anche un bicchiere di vino. Sempre rimanendo dietro l’obiettivo.
- http://www.prolocopiancastagnaio.it/la-rocca-aldobrandesca/ ↩︎